sabato 22 dicembre 2012





San Cosmo Albanese/Strigari:

Centenario dell'indipendenza d'Albania (1912-2012) 




a San Cosmo Albanese/ Srigari


domenica 11 novembre 2012

Il Veltro pubblica un numero speciale sul centenario dell'indipendenza albanese



IL VELTRO, RIVISTA DELLA CIVILTÀ ITALIANA fondata nel 1957, dedica un numero speciale al centenario dell'indipendenza dell'Albania.

Ideato dal dott. Franco Tagliarini, trova subito l'appoggio dell’Istituto Italiano di Cultura di Tirana e dell'Ambasciata D'Italia in Albania.
Sono duecento pagine di contributi storici di alto livello, dove scorrono nomi, vite, pensiero, controversie e contraddizioni di personaggi di spicco, albanesi e arbëresh, che con la loro retorica spinsero all'indipendenza dell'Albania e alla formazione dello stato albanese.
Vite che si intrecciano, idee che si ritrovano e si contraddicono, si lasciano per poi ritrovarsi e riprovare ancora una volta a trovare una via d'uscita per quel piccolo stato che stava per nascere e il suo futuro. Questi personaggi hanno qualcosa in comune: sono legati tanto all'Albania quanto all'Italia, il cui  contributo decisivo in questo percorso resta sempre sullo sfondo.
Scorrendo le pagine si ha una strana impressione: sembra di vedere l'Italia e la neonata Albania, fisse sulle sponde dell'Adriatico, che si guardano, si amano, si maltrattano. E quel mare che ci accomuna diventa un mare di idee, di decisioni, di storia. Un'Albania vulnerabile, un' Italia di dubbia politica.


Quale modo migliore di quello scelto dal Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Tirana, FULVIA VENEZIANI, riportare all'apertura uno stralcio di "Albania una e mille" di Montanelli: "È la geografia che si incarica di designare ad ogni popolo i suoi amici e i suoi nemici. Ora la geografia adriatica è tale che fatalmente Italia e Albania debbono basare i loro rapporti sopra un piano d’interessi comuni. La striscia di mare che le separa serve egregiamente non a slontanarle, ma a unirle..."

All'interno vi è un intervento accurato dell' Ambasciatore d’Italia presso la Repubblica di Albania, MASSIMO GAIANI, intitolato "Italia-Albania: un ponte di amicizia" e tanti altri interventi di storici albanesi e italiani. 




L'elenco completo degli autori e gli articoli contenuti in questo numero speciale:

-FULVIA VENEZIANI, Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Tirana, L’influenza delle relazioni con l’Italia sulla nascita della coscienza nazionale albanese, p. 3;

-MASSIMO GAIANI, Ambasciatore d’Italia presso la Repubblica di Albania, Italia-Albania: un ponte di amicizia, p. 5;

-PELLUMB XHUFI, Flussi italiani nel Movimento albanese di Rinascita Nazionale, p. 15;

-PETRIT NATHANAILI, Il Risorgimento albanese tra il Convegno di Berlino del 1878 e la Conferenza di Londra del 1912, p. 29;

-FRANCESCO GUIDA, Gli italo-albanesi e il garibaldinismo dinanzi alla questione albanese all’inizio del Novecento (1900-1906), p. 41;

-ALBERTO BASCIANI, La proclamazione dell’indipendenza albanese e la stampa nazionale italiana, p. 61;

-ANTONIO D’ALESSANDRI, Il tormentato percorso dell’indipendenza albanese (novembre 1912 - luglio 1913). Anselmo Lorecchio e il punto di vista arbëresh, p. 81;

-RAJNA KOVACI TULLUMANI, Il contributo delle donne all’indipendenza dell’Albania, p. 99;

-ANTONIO BELLUSCI, Mons. Domenico Bellusci (1774-1833) e la nascita della coscienza nazionale albanese nel Collegio italo-albanese di Sant’Adriano in San Demetrio Corone, p. 117;

-GIOVANNI ARMILLOTTA, Gli arbëreshët della Scuola Sofiota fra lumi e governo, p. 139;

-ANDI PINARI, Il ruolo degli arbëresh nel Movimento nazionale albanese, p. 151;

-FRANCESCO FABBRICATORE, Terenzio Tocci: un esempio di mazzinianesimo rivoluzionario arbëresh per l’Albania, p. 159;

-NEVILA NIKA, Il ritorno nel paese d’origine. Il caso di Terenzio Tocci, p. 175;

- MICHELE BRONDINO, Italia-Albania nella politica del “buon vicinato”. L’avvio delle relazioni culturali con la restituzione della “Dea di Butrinto”, p. 183;

-LUCIA NADIN, Profilo di P. Giuseppe Valentini S.J., p. 203.


http://www.albanianews.it/cultura/storia/2773-veltro-numero-speciale-albania#

XV Fiera del Libro di Tirana L'antica Arbëria per la nuova Albania

mercoledì 14 novembre 2012 - domenica 18 novembre 2012


L’antica Arbëria per la nuova Albania: omaggio culturale degli Arbëreshë d’Italia al centenario dell’Indipendenza albanese Fiera del Libro di Tirana Palazzo dei Congressi, 14 – 18 novembre 2012 Durante la XV edizione della Fiera del Libro di Tirana, in programma al Palazzo dei Congressi dal 14 al 18 novembre prossimi, l’Istituto Italiano di Cultura parteciperà alle celebrazioni per il Centenario dell’Indipendenza albanese con una serie di iniziative dedicate agli Arbëreshë. Gli albanesi stabilitisi in Italia alla fine del Quattrocento, già protagonisti di un convegno organizzato lo scorso anno in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia per il loro contributo al processo di unificazione, saranno al centro di varie iniziative volte a ricordare il sostegno del movimento culturale arbëreshë all’Indipendenza albanese. Il programma, ideato in collaborazione con i Professori Francesco Altimari dell’Università della Calabria e Matteo Mandalà dell’Università di Palermo, gode del patrocinio dell’Ambasciata d’Italia e del sostegno della Fondazione “Francesco Solano” dell’Università della Calabria e della Società Albacall. L’omaggio culturale dell’antica Arbëria alla nuova Albania si realizzerà attraverso la presentazione di vari libri ed iniziative editoriali, l’allestimento di una mostra e l’intervento di autorevoli studiosi albanesi ed italiani ad un convegno organizzato in collaborazione con il Comune di San Cosmo Albanese e con la Fondazione “Francesco Solano”. Il convegno, sul tema Gli Arbëreshë, il ruolo della stampa e la questione albanese in Italia tra Ottocento e Novecento, si terrà sabato 17 novembre alle ore 16 presso la Sala Conferenze del Palazzo dei Congressi e, dopo i saluti del Sindaco di San Cosmo Albanese Cosmo Azzinari e l’introduzione del Professor Altimari, vedrà come relatori i Professori F. Guida, F. Caccamo, A. Basciani, A. D’Alessandri, F. Fabbricatore, V. Duka, M. Mandalà, con il coordinamento della Direttrice dell’Archivio di Stato di Tirana Nevila Nika. Il convegno sarà preceduto dalla presentazione del numero monografico della rivista Il Veltro dedicato all’Albania nel Centenario della sua Indipendenza e intitolato 1912 – 2012: L’influenza delle relazioni con l’Italia sulla nascita della coscienza nazionale albanese. All’introduzione da parte della Direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura Fulvia Veneziani seguiranno gli interventi dell’Ambasciatore d’Italia, S.E. Massimo Gaiani, e dei Professori Franco Tagliarini, Direttore della rivista, ed Andi Pinari, con il coordinamento del Prof. Guida. Sarà quindi ricordata la figura di Terenzio Tocci - prima figura di spicco della Rilindja arbëreshë con Nazario Sauro e Ricciotti Garibaldi, poi, in Albania, Ministro dell’Economia nel 1939 e Presidente della Camera dei Deputati nel 1940 – durante la presentazione in anteprima del libro di Francesco Caccamo Odissea arbëreshë: Terenzio Tocci tra Italia e Albania, con interventi dell’autore, del Prof. A. De Oto e del nipote di Tocci Terenzio D’Alena. Il pomeriggio di approfondimento sul sostegno del movimento culturale arbëreshë all’Indipendenza albanese si concluderà con un recital di brani letterari di autori albanesi (I. Kadaré, L. Starova, A. Podrimja, V. Zhiti) e arbëreshë (G. De Rada, G. Serembe, C. Abate, E. Scutari, G. Schirò di Maggio) dal titolo Balcani e Arbëria, a cura di Nando Pace e Monica Rovito. Ancora agli Arbëreshë sarà dedicata la presentazione di altri libri e di varie iniziative editoriali: all’incontro letterario sul libro Lule Sheshi della poetessa arbëreshe Enza Scutari, in programma giovedì 15 alle ore 16, seguirà l’anteprima della trilogia Le stagioni di Hora di Carmine Abate. Lo scrittore arbëreshe, vincitore della 50° edizione del Premio Campiello con il romanzo La collina del vento, già tradotto in albanese da Toena, incontrerà i lettori giovedì 15, alle ore 11, presso lo stand Toena e venerdì 16, alle ore 11, presso lo stand dell’Istituto di Cultura, con un intervento dal titolo Da Le stagioni di Hora a La collina del vento. Le stagioni di Hora, appena pubblicato in Italia da Mondadori, comprende i romanzi Il ballo tondo (1991), La moto di Scanderbeg (1999) e Il mosaico del tempo grande (2006). Presenteranno i professori Altimari e Mandalà ed interverrà l’Ambasciatore d’Italia S.E. Massimo Gaiani. Domenica 18 novembre saranno quindi presentati presso lo stand dell’Istituto, alle ore 11, la rivista di albanologia Res Albanicae e il primo numero - Le terre albanesi redente: la Ciameria, a cura di Donato Martucci - della nuova collana editoriale Albanistica della Fondazione “Francesco Solano” dell’Università della Calabria. Il pubblico potrà quindi vedere ristampati, in edizione digitale, il primo giornale albanese L’albanese d’Italia, fondato e diretto da Girolamo De Rada, e l’opera di Pasquale Scura Gli albanesi in Italia, a cura di Francesco Perri. Durante tutto lo svolgimento della Fiera del Libro sarà infine in esposizione presso lo stand dell’Istituto Italiano di Cultura la mostra L’immagine dell’Albania e dei Balcani agli inizi del XX secolo attraverso il giornale italiano “La lettura”, con materiale di Renato Fasanella Masci rielaborato ed allestito da Shpend Bengu. Oltre a queste importanti iniziative sul tema degli Arbëreshë, si segnala che sabato 17 novembre, alle ore 11, sarà ricordata la breve vita della poetessa albanese Drita Çomo: Helena Kadaré, Vizar Zhiti, Giovanna Nenci, Klara Kodra e Luigi Franco interverranno sul suo libro Luce che sgorga dall’abisso pubblicato dalla casa editrice Rubbettino, con prefazione di Ismail Kadaré. L’evento sarà introdotto dalla Direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura Fulvia Veneziani e dai Professori Altimari e Mandalà. Sarà inoltre in esposizione presso lo stand dell’Istituto di Cultura la mostra Copy in Italy: Autori italiani nel mondo dal 1945 a oggi, a cura della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, arricchita da alcuni pannelli realizzati dall’Istituto di Cultura per ricordare i 50 libri italiani tradotti in albanese dal 1997 ad oggi con il contributo del Ministero degli Affari Esteri italiano. Domenica 18 novembre, infine, il noto musicologo Quirino Principe e il compositore Francesco Venerucci introdurranno al pubblico, alle ore 16, l’opera Scanderbeg – Il cavaliere innamorato di Antonio Vivaldi che andrà in scena alle ore 19 presso il Teatro dell’Opera e del Balletto, co-produttore con Verona Accademia per l’Opera e Istituto Italiano di Cultura.






























http://www.iictirana.esteri.it/NR/rdonlyres/3292E0F7-FB2F-4A2F-85E0-EF35175F071D/105639/Programmait1.pdf

venerdì 6 aprile 2012


CONVEGNO
“CALArBeRIA – La cultura di due popoli tra passato e presente”
1912-2012, 100 anni di Indipendenza dell’Albania

Introduce
Prof.ssa Maria Francesca Corigliano
, Assessore alla Cultura della Provincia di Cosenza
Saluti
On. Mario Brunetti, Presidente Istituto Mezzogiorno-Mediterraneo
S.E. l'Ambasciatore d'Albania Dott. Llesh Kola
Protopresbitero Pietro Lanza
, Parroco Ss.mo Salvatore (CS) e Rettore del Seminario Eparchiale Maggiore Cosenza
Interverranno
Papàs Antonio Bellusci
, Parroco di Frascineto e Direttore rivista “Ljdhia”
La comunità arbëreshë in Italia e quella dell'Albania, paese di origine.
Terenzio Tocci-D'Alena, nipote dello scrittore, giurista e patriota Terenzio Tocci (1880-1945)
Una dimenticanza storiografica da colmare
Francesco Fabbricatore, storico
Il contributo degli arbëresh al Risorgimento albanese ( 1895-1912)
Aldo Marino, Sindaco di Vaccarizzo Albanese
Gli Arbreshe e il sogno, mai compiuto, dell’Albania.
Giuseppe Rizzo, Sindaco di Cerzeto
Il ruolo della Letteratura Arbëreshe nella storia dell'Indipendenza Albanese
Giorgio Vincenzo Sammarra, bibliografo
La cultura dei due popoli attraverso gli appunti biblio-tematici
Modera
Elisabetta Ricci
, Presidente dell’Associazione Socio-Culturale OcchiettiNeri

PREMIAZIONE CONCORSO
“Disegna la tua CALArBeRIA”

Interverrà l’Istituto Scolastico della Provincia di Cosenza vincitore del concorso.

INAUGURAZIONE MOSTRA BIBLIOGRAFICA
“Appunti biblio-tematici di cultura Arbëreshe”

SUONI, COLORI &… GUSTI
Degustazione di prodotti tipici in ambientazioni di musica
Le due teste dell’Aquila
Canti e suoni d’Arberia e d’Albania
Anna Stratigò, voce e chitarra
Anduena Bega, violino
Spiro Pano, violoncello

direzione artistica: Alessandro Sammarra

Vedi anche:

domenica 19 febbraio 2012

Convegno a Tirana sul centenario dell'Indipendenza d'Albania


 
























Seminar:150 vjetori te Bashkimit të  Italisë -100 vjetori nga Rilindjes së Shqiperisë ArbëreshëPasquale Scura e Terenzio Tocci. 



Seminario: 150 anni dell'Unità d' Italia -100° della Rinascita dell'Albania. Il ruolo degli Arbëresh: Pasquale Scura e Terenzio Tocci.


Sabato, 12 Novembre , ore 16.00   Palazzo dei Congressi di Tirana


                                                 Saluti
Dr. Aldo Marino, Sindaco di Vaccarizzo Albanese 
Dott.ssa Fulvia Veneziani, direttrice dell'Istituto italiano di Cultura a Tirana
Dr. Mario Bova, Ambasciatore
Dr. Saba D'Elia, Ambasciatore d’Italia a Tirana
Dr. Llesh Kola, Ambasciatore d’ Albania a Roma
            Dr. Bamir Topi, Presidente Repubblica d’Albania

                                    Relatori
D.ssa Maria Assunta Ioele, discendente dello Scura
"Pasquale Scura: un esiliato fra le mura di casa"

Dr. Domenico Cassiano
"Arbëresh e il Risorgimento: il ruolo del Collegio di Sant’Adriano"

Prof. Nasho Jorgaqi
"Il contributo degli arbëresh all’Unità d’Italia"

Prof. Petrit Nathanaili
"Il Risorgimento Albanese tra il Convegno di Berlino 1878 e la Conferenza di Londra 1912"

Dr. Francesco Fabbricatore
"Terenzio Tocci: un esempio di mazzinianesimo rivoluzionario arbë
resh per l’Albania"

 Prof. Gjovalin Shkurtaj
      "Arbëresh:Lingua del pane, lingua del cuore"

Tra la Storia e il mondo della Scuola (blog in allestimento)

Tra la Storia e il mondo della Scuola (blog in allestimento)

giovedì 9 febbraio 2012

Ministro profumo a quando la cancellazione definitiva del "Salva-precari"?


Gentile ministro Profumo, 
per mezzo del caotico e leviatanico ministero Gelmini noi docenti precari della scuola siamo letteralmente sprofondati in un vortice da cui non  riusciamo più ad uscirne, che scatena giorno dopo giorno guerre tra poverissimi, nella sostanza è: bellum omnium contra omnes ! Se aggiungiamo a questa particolarità abissale tipicamente italiana, il vizietto di alcuni furbetti e soprattutto furbette, che ne approfittano di questa situazione, scalando in modo manicheo e puntuale le nostrane  bibliche  graduatorie con servizi e certificati di dubbio valore effettivo, allora la beffa diventa illimitata. Da questo laconico e doveroso preambolo, vorrei entrare meglio e sinteticamente nel merito della questione. Purtroppo, il modello "valutativo-occupazionale” dato dal ministero precedente ha fatto sì che la  la forma  di reclutamento della G.a E. diventasse più  intricata, "antimeritocratica", junglesca (divisione in “plurigraduatorie”: G.P, G.M., G.a E. e parte della G.I.) e iper-immobile (a titolo delle mie conoscenze unica al mondo), inoltre, che permettesse uno scadimento del reclutamento stesso,  legittimasse privilegi paradossali o non equi, e in ultimo, cosa non da poco un esaurimento nervoso in tutti noi. Una delle cause maggiori, signor Ministro, è da ricercarsi di certo nel decreto salva (beffa) precari, una camicia di forza anticostituzionale, che viola palesemente da tre anni la perequazioni dei diritti dei docenti inseriti nella GaE.
Di fatti, per trarre un semplice postulato di tale quadro reclutatorio, ma a me pare più reclusorio, diversi colleghi che insegnano da un anno o poco più godono di questa prebenda, altri per converso (tantissimi)  con molti anni di insegnamento sono  del tutto esclusi; nella sostanza chi possiede  il “gratta&vinci-la cattedra” giusto si è  garantito durante tutto un  a.s. o l’insegnamento,  o 12 punti per la G.a E. . Pertanto, non ci vuole molto a capire quale sia la forte disparità venutasi a creare con l’introduzione di questa <<Genialata Epocale>>,  per la quale, e con tutta sincerità, viene tantissima rabbia assistere  con impotenza, sia i  sindacati che non fanno alcun riferimento su ciò, sia gli artefici di questo scempio, che ancora oggi hanno la faccia tosta  di commentare le solite cianfrogne spaziali su riviste cartacee e on-line, dopo aver distrutto le nostre esistenze!
Ma, dal momento che lei è un autorevole esponente dell’attuale governo che preconizza più Equità, più Rigore e più Crescita  in  Italia,  ritengo(e così la maggior parte degli insegnanti inclusi nelle Graduatorie ad Esaurimento)  sia  giunto il momento, da un lato, di  indagare meglio e presto, dall’altro,  nel mettere fine a questo  paradossale parametro di reclutamento, e polarizzarsi esclusivamente sugli anni di insegnamento abbinati a quelli della formazione.In questo gioco al massacro fatto fino adesso nei nostri confronti, ci siamo abituati nel bene e nel male a mitridatizzarci nelle storture decisionali, a sopravvivere in apnea, a essere “tagliuzzati” ovunque, addirittura a ingoiare termini come“fannulloni”,“scansafatiche”o“bamboccioni”. Stante queste le conclusioni, al di là dei nostro sacrosanto mugolare anacamptico, ci auguriamo di cuore  che  la nuova  fase politica scolastica sia di altro tessuto operativo, che realizzi finalmente scelte rapide e adeguate alla nostra drammatica situazione precariale e non usi come antidoto alla disoccupazione solo  neologismi quale docente  “allocato”, che attraverso una fluidità lessicologica potrebbe suggerirci nel tempo strane trasformazione del suo significato originario come  ad es. docente in perenne standby  o peggio allocco.


Vedi anche:


http://www.orizzontescuola.it/node/21142

http://www.tecnicadellascuola.it/index.php?id=34266&action=view

martedì 7 febbraio 2012

Società “ calabrolesa” e politica scolastica farlocca

  
Dopo innumerevoli appelli al diritto del lavoro ascoltati nella giornata del 1° maggio,  provenienti da più parti, a partire dal presidente della Repubblica, dalle varie OO. SS., dai capi di partito, e così via, ogni anno  ci auguriamo che i consueti slogans  preconizzati con tanta veemenza e convinzione, si trasformino per il bene di tutti,  finalmente in concretezza lavorativa, e non in  tradizionale chiacchiericcio politico. Mi chiedo fino a quando dobbiamo, o vogliamo credere a questa girandola di promesse? La situazione occupazionale, nonostante palesi tentativi di occultamento e logiche ottimistiche oramai lontane, è diventata gravissima, di conseguenza non ci si può più nascondere dietro un dito, perché tale realtà volente o nolente,  rimane funesta  soprattutto nelle aree del nostro Meridione,  ( in particolare modo in Calabria, che fa ancora molta fatica a inserirsi in diversi settori  italiani, figuriamoci europei, o peggio mondiali). Stante questa la triste realtà, ci si rende sempre più conto,  quali sono i veri mali della Questione cosiddetta  neo-meridionale, e in particolare modo le sue cause scatenanti, che hanno il carattere di un rispecchiamento passivo del disordine delle cose. Parimenti, non possiamo accorgerci di botto, che la società in cui  viviamo e respiriamo, è diventata prima di tutto egoista, che fa pendant con un vorticoso calo di acculturamento, che a sua volta ha creato una spaventosa mancanza di consapevolezza civile e morale, e che continua a creare un nocivo rapporto di causa/effetto, tra cittadino e istituzioni da un lato, tra cittadino e società dall’altro. Nella sostanza, siamo “sfortunati” eredi di un pesantissimo fardello diventato  insostenibile, o meglio,  l’epilogo di un’ overdose di antipolitica decennale  anacronistica e fallimentare che ha  fatto saltare quasi del tutto la difficile convivenza dei codici civili e morali, ma  che in modo implicito rimanda tutti noi  a un interrogativo fondamentale: dove cavolo sono state fino ad ora le istituzioni, che dovevano (e devono) vigilare sulla nostra precarissima situazione sociale ed economica?
A petto di questa prospettiva sociale ed economica avvilente, emerge purtroppo una situazione pericolosa e dilagante, determinata sia da un  nichilismo storico pauroso, che da una cultura di sottomissione troppo radicata,  voluta e sottaciuta,   a turno da chi comanda ( a quanto sembra senza mediazione politica nulla si può fare in queste terre), che alimenta e continua ad alimentare sempre più stuoli  di gente mediocre a discapito di chi sa, conosce e propone professionalità e, nel loro piccolo, anche soluzioni; il tutto in barba al decantato e abusato concetto meritocratico. Sotto questo profilo, di riflesso si rinvengono altri  e nuovi e subdoli mali, che a loro volta prolificano germi di infida arretratezza,  quali ad es., il virus del “sedicentismo”, a cui bisogna stare molto vigili, poiché chi ne viene affetto (moltissimi), diviene all’improvviso e magicamente esperto in qualcosa,  e  pertanto vuole a tutti i costi  portare avanti le sue ragioni, soprattutto i suoi conti in tasca, ovviamente attraverso  un funambolico savoir- faire all’italiana e  senza tener conto dei bisogni della gente. Tuttavia, la parabola di tale depauperamento civile è arrivata talmente agli estremi, che finalmente assistiamo al risveglio dallo stato catatonico, delle coscienze intellettuali,  le quali, nel nome della trasparenza e della dignità della persona  hanno iniziato ad alzare la voce,  e ricordandosi del loro importante esercizio di responsabilità  ci indicano con maggior forza la prima e vera strada da percorrere,  che presuppone in primo luogo, una necessaria implicazione di due diverse (ma in fondo uguali) e urgenti  riforme, in secondo luogo,  la consacrazione  della funzione egemone  delle seguenti riforme : quella morale e quella culturale. In fondo, basta guardarsi attorno per capire quanto ci siamo adagiati sugli errori delle classi dirigenti, e comprendere ancor più chiaramente, come tale tonalità riformistica, nel nostro Meridione, prende un significato più intrinseco e vitale, che spinge il suo mandato alle ultime conseguenze. Checché se ne dica, senza l’avvio concreto di queste riforme non possiamo avere le restanti, se non partiamo da queste premesse, non vi è risurrezione di alcun tipo, né economico, né sociale né quant’altro, se dovessimo fallire di nuovo, entreremo a testa in giù,  stavolta senza alcun respiro, nel perpetuo vortice delle commedianti promesse  e delle lacrimevoli speranza; e come possiamo ben intuire, o trarre spunto dagl’illimitati  risvolti della Storia, finita la festa è gabbato il santo.
Posta l’affinità, tra  l’agire culturale e l’agire morale, ineluttabili  prerequisiti fondamentali della nostra società., prendo spunto per entrare nel merito del secondo argomento, ossia il docente  come valido propagatore e sostenitore dei seguenti riordini. In Italia, sempre che qualcuno se ne sia accorto sul serio, il problema occupazionale scolastico è diventato dannatamente grave - nei mesi scorsi addirittura era del tutto ignorato e oscurato soprattutto dai media di stato-, e  in riferimento al filo rosso  di cui argomenta Francesco Fusca nel vostro giornale ( sez. “Editoriali”),  che legherebbe almeno in teoria  la linea politica  degl’ ultimi tre ministeri della P.I. italiana (Moratti Fioroni e soprattutto Gelmini), questo filo, ex abrupto  ha cambiato natura,  trasmutandosi   in un pericolosissimo filo elettrico ad alta tensione  che ha folgorato nell’ultimo biennio 87.000 posti di lavoro  (solo quest’anno 25.600 posti di docenti in meno, di cui la Calabria ha subito il maggiore taglio circa il 5,32%, e a tal riguardo, apprendo oggi che c’è un’intesa tra il ministro Gelmini e la regione Calabria "per non disperdere le tante professionalità della scuola calabrese": speriamo che sia la volta buona però!), e sta per incenerire entro l’anno prossimo altre migliaia, per un ammontare complessivo di oltre  142.000 posti lavoro. Tra l’altro, pochissimi sono a conoscenza che si tratta altresì  di una politica finanziaria che ha bruciato un’intera generazione di insegnanti ( 30-40enni), di cui, la maggior parte risulta essere dal punto di vista  formativo-didattico,  la più formata e la più professionalizzata ( in virtù di lauree, abilitazioni, master, pubblicazioni e così via; forse noi docenti precari non siamo a conoscenza che per insegnare con una certa tranquillità burocratica dovremo conseguire altresì un diploma di laurea magistrale su Marte, o magari su Saturno ), dai tempi della legge Casati sino a oggi.  Purtroppo, il valore degli insegnanti e la delicata questione del precariato scolastico in Parlamento non sono stati esaminati  nella dovuta considerazione, tranne pochissime iniziative -un esempio tra tutti l’emendamento Valditara, che avrebbe potuto dare ossigeno e speranze  a  migliaia di precari della scuola , è stato bocciato per ben due volte dal Parlamento senza esitazioni-,  tra gli scranni parlamentari si  è palesato non solo uno scarso  approccio politico e deontologico, ma anche un  rimanere immobile, in modo cocciuto,  su linee occupazionali  miopi che rasentano addirittura il cinismo,  dal momento che,  tali tagli macellerini avvengono nel periodo più cupo della  storia scolastica italiana - Rammento a titolo di comparazione,  che lo stipendio mensile  di ciascun parlamentare, tra prebende, bonus, ecc.,  nel suo complesso raggiunge quasi 20.000 euro,  ossia circa 18 stipendi mensili di noi precari della scuola, e attraverso questo semplice e laconico raffronto non possiamo più continuare  gridare solo allo scandalo -.  Per converso, delle interpretazioni date dal governo a proposito dei tagli, c’è da dire a suo favore soltanto, che è vero, che in questi ultimi lustri si è creato nel sistema-scuola italiano un “mercato delle  vacche ”, prodotto da diversi sottosettori e  dal retaggio sindacale, ma questo risultato  non è altro che il risvolto della medesima medaglia, cioè il sorgere e l’espandersi di un  serbatoio politico, accademico e economico, che in questi ultimi 30anni ha alimentato una non-coscienza o non-consapevolezza della classe docenziale italiana, che  gradualmente  si è affievolita e sgonfiata in un’unità collettiva dotata di scarso potere decisionale, finendo col diventare un corpo quasi amorfo (in questo siamo lontani ad  es. dai colleghi francesi, inglesi, tedeschi e così via). Al di là di questo sproporzionato indebolimento, mi sfugge ancora,  quale sia  la reale politica meritocratica nei riguardi degli insegnanti, se le istanze didattiche urgenti proposte dagli stessi docenti non vengono ascoltate dal MIUR. Essendo espressione di “competenza e conoscenza”, tali richieste, non capiamo perché i docenti che collaborano con riviste scientifiche o pubblicano studi, negl’ ultimi aggiornamenti  relativi alle G.ad E. e G.I., non hanno avuto la possibilità  di incrementare il  loro punteggio,  secondo la preconizzata meritocrazia? Oppure, perché non si sollecitano investigazioni ministeriali per verificare le conoscenze, competenze e abilità degli insegnanti come avviene in altri paesi europei? E ancora, perché il MIUR sta delineando  ipotesi di confluenza delle classi di concorso, cioè nuove classi di concorso che non daranno  una maggiore professionalità didattica, o solide formazioni di base dei docenti (ad es. un docente di italiano non può insegnare storia perché non ha un percorso formativo-dittatico adeguato), e di conseguenza, non potranno “trasmettere” i vari saperi agli alunni italiani. Eppure un criterio di confronto a livello mondiale, estrapolato dagli ultimi dati OCSE-PISA, ci segnala alcuni dati drammatici per la scuola italiana, soprattutto per gli studenti delle regioni meridionali, i quali, risulterebbero 4 volte più ignoranti degli studenti dell’ Azerbaijan. Questo triste paragone, dovrebbe far riflettere molto il ministero della P.I., ma alla condizione del presente, nulla di ciò che ho scritto, si trova  nell’approntamento presentato dalla configurazione ministeriale di viale Trastevere, come  efficace antidoto  pedagogico-formativo,  e teso al recupero del summenzionato gap didattico.
Oltre a ciò, insisto a dire che se la scuola rimane tutt’oggi il luogo in cui attraverso l’istruzione e l’apprendimento si realizza l’identità dell’alunno e, di conseguenza, del futuro cittadino, mi chiedo come docente italiano  -e non  come insegnante regionale o federale-, se posso, o se potrò continuare a  far fronte alla complessità del processo di insegnamento e apprendimento,   a governare e regolare l’azione didattica,   a combattere la cultura mafiosa, allestendo una “palestra di democrazia” , oppure a promuovere una cultura formativa e costituzionale sufficiente, se dall’alto delle istituzioni, si cambiano le regole  in corsa e continuamente, senza tenere conto delle necessità territoriali, e per di più senza confrontarsi con gli interessati più prossimi? Il problema maggiore della scuola non è la mancanza della carta igienica o del gesso, come molti organi informativi vogliono far intendere, ma cosa più importante, è che si mina la capacità educativa oggettiva dell’insegnante, il quale,  deve garantire all’alunno l’affidabilità necessaria per il proseguimento dei suoi studi, e sapendo che il “fine dell’educazione converge con quello civico”, so anche, che la responsabilità del docente deve attenersi obbligatoriamente  a questa regola basilare, che rimane assoluta. In proposito, è opportuno precisare, che questa tensione a promuovere incertezze, anticostituzionalità e antistatualità, mi spiazza sempre più, tanto che in questo momento, non comprendo  quale sia  la  vera responsabilità del ministero della P. I., soprattutto  quando lede palesemente  i diritti all’istruzione degli alunni e il diritto al lavoro dei docenti, e tra l’altro, cosa non meno grave,  emerge una responsabilità politico-educativa, relativa e poco assoluta,  nei confronti del sistema-scuola e  delle diverse aree regionali (soprattutto disagiate),  che rischia di sfociare nel più classico e becero qualunquismo. Su tale guasto, cuore di queste incongruenze, non posso non aggiungere, che allora, è inutile da parte  del governo convocare un Consiglio dei ministri a Reggio Calabria, quando invece servono risposte, presenti, futuribili ed espandibili a tutto il contesto regionale, cioè scelte affidabili che possono incominciare a risolvere a monte storture decennali,  e al contempo, tese al recupero generazionale. Infine, se vogliamo superare quest’abissale crisi, incominciamo a riappropriarci della “forza d’uso”  culturale, morale e civile, che nell’attuale  smarrimento della dimensione valoriale, rimane faro e sostegno  di scelte durature,  europeiste e di “rottura“,  come ad es. la scuola,  la quale grazie alla sua distribuzione territoriale,  rappresenta se non altro  una garanzia educativa e di investimento per le presenti e future generazioni, soprattutto  mediante  il suo funzionario più prezioso: l’insegnante nella sua quotidiana attività di educatore  e  di antemurale alle mentalità corruttive.
                                                                                             
                                                                          10 maggio 2010
Vedi anche :